Di questi tempi mentre si sistemavano gli archivi parrocchiali, fra cui alcuni antichi documenti, è
stato ritrovato fra carte e carte, una curiosa lettera, tanto comune quanto insolita. Queste opere
non sono solo impolverate e ingiallite carte, ma testimonianze vive di un passato di cui non
abbiamo audio o video, che ci parlano di molti fatti, e da cui possiamo apprendere come le
giornate andassero o i tempi si svolgessero, cosa accadesse o cosa si decidesse. Essa infatti non
è stata scritta per qualche personaggio locale o per qualche ufficio del luogo ma per una
personalità ben lontana: l’imperatore d’Austria Ferdinando I. Ebbene sì nella prima metà del 1800
il nostro territorio era sotto il controllo dell’Austria-Ungheria, un impero esteso e potente di cui la
nostra regione, il Regno lombardo-veneto, ne faceva parte, con capitale prima a Milano, dal 1815,
anno in cui Napoleone cadde e con lui il suo impero al 1859, e poi a Venezia, dal 1859 al 1866,
anno in cui si tenne la terza guerra di indipendenza e di conseguenza l’annessione al Regno
d’Italia del Veneto. In tale clima l’allora parroco don Paolo Favetta di sua mano stese la lettera da
inviarsi all’imperatore in cui si rivolge, come si nota, da suddito, con riconoscenza e pietà,
chiedendo un aiuto economico o un qualche provvedimento a beneficio della parrocchiale e del
paese. A causa proprio di quegli anni sotto Napoleone che videro l’incameramento dei beni
ecclesiastici, e di conseguenza l’arresto della costruzione di chiese, la nostra almeno fino all’800
rimase vuota o, come il parroco stesso riporta, con i lavori da completarsi. Tale lettera ci
testimonia la povertà della popolazione, delle scarsissime rendite del territorio e di conseguenza
delle bassissime possibilità economiche della gente. Noi non abbiamo la risposta e non sappiamo
come andò a finire tale storia ma abbiamo fra le mani la lettera scritta da questo paese di
montagna, povero e isolato, all’imperatore d’Austria, a Vienna, rigogliosa e potente capitale
dell’impero. Difficile è immaginare emozioni e sentimenti dei nostri avi compaesani e dello stesso
imperatore se questa lettera mai l’ha ricevuta. La lettera termina con la firma del parroco e anche
quella di alcuni paesani, che non hanno firmato di propria mano probabilmente perché illetterati.
Come davano il consenso se non sapevano scrivere? Un letterato scriveva il loro nome e
cognome e loro facevano una “x” per dare l’approvazione. Tale tipologia di firma la troviamo nei
documenti più antichi dove comprendiamo per questo il livello di alfabetizzazione di quei tempi,
che come si può notare era bassissimo. Solo alcuni come il parroco o i nobili avevano capacità di
scrittura e lettura. Di qui dunque anche l’importanza di queste figure, della loro autorità e del loro
sapere in un paese. Come detto molti sono i documenti che possediamo e il più antico risale al
1400. Spesso quando si studia la storia la si pensa a “step”, a gradi e si dimentica di fare delle
comparazioni di personaggi o eventi nella stessa epoca. Proviamoci. Il 1400 è stato il secolo della
scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo, delle grandi figure di artisti come
Michelangelo o Leonardo da Vinci, dell’umanista Niccolò Machiavelli da cui molta della politica si
ispira, e della illustre famiglia dei Medici a Firenze, per fare solo qualche esempio fra i più famosi.

la lettera ritrovata negli archivi parrochiali

E i nostri predecessori a San Zeno? Dobbiamo far lavorare l’immaginazione. Dunque
immaginiamo un versante, con il Baldo maestoso sullo sfondo e il lago splendido ai piedi come
ancora oggi, e le contrade e alcune case o malghe isolate, bestie e instancabili contadini o
allevatori il cui solo sostentamento veniva da agricoltura o allevamento, caccia e un poco di
commercio. I passatempi erano quelli popolari, gli incontri avvenivano fra chi qui vi abitava e
raramente probabilmente con gente lontana, le notizie arrivano o forse faticavano alquanto
pensando a strade o possibilità di viaggiare o mezzi a disposizione. In tutto questo dunque,
confrontandolo con gli avvenimenti del secolo, abbiamo mai provato a pensare, per esempio, che
mentre qui venivano curate le bestie, e la vita di montagna procedeva, mentre quei documenti che
oggi leggiamo veniva scritti, Cristoforo Colombo era in viaggio per le Americhe, e chissà quando
qui la notizia arrivò, quando la notizia della scoperta di una nuova terra venne a conoscenza dei
nostri avi, forse tempo dopo da qualche narratore o magari ancora più tardi, magari molto più
vicino nel tempo a noi di quanto pensiamo. Ciò che per noi ora è ovvio, come apprendere notizie
lontane, allora era una rarità, un avvenimento per cui ci si radunava, per cui ci si emozionava. E
così al nostro 1800, al nostro imperatore che prima abbiamo incontrato, un secolo di
sconvolgimenti, il secolo dell’unità d’Italia. Chissà quale sentimento fu provato all’epoca dai quei
“montanari” del secolo XIX all’apprendere che non sarebbe più stata la bandiera austriaca a
sventolare sui palazzi, ma il nuovo tricolore, la bandiera con lo stemma sabaudo, del re d’Italia. Un
popolo e una nazione. Strano pensarci oggi con i sentimenti, le idee e gli stravolgimenti a cui
assistiamo. Bello è però ripercorrere la storia, immaginare e ripensare a quello che è oggi il
mondo, l’Italia, forse anche per guardare lo stesso oggi con occhi diversi, ricordandoci che ciò
che abbiamo è eredità degli antenati. Poi oggetti, storie, glorie, e ciò che lasceremo sarà nostra
eredità per i futuri. Saremo ricordati per ciò che lasceremo. Così noi ricordiamo chi ci ha lasciato,
ovvero per ciò che ci ha lasciato. Così noi guardiamo al nostro paese e ringraziamo per una
Chiesa, che è deposito di fede e cultura, per un paese con elementi semplici come pozzi o case oantiche strade che hanno permesso lo sviluppo di oggi. Concluderei così, ricordando la stima e
l’attenzione che si deve per ciò che è stato prima di noi, l’apprezzamento per ciò che ora c’è, e la
speranza per ciò che sarà con uno spunto per la vostra immaginazione nel viaggio nella storia,
una frase dell’oratore romano Cicerone: “La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita
della memoria, maestra di vita, annunciatrice dei tempi antichi.”