Chi si trova seduto su una panchina davanti alla entrata della ex caserma della finanza, vede in basso, nella valle che porta ad Avio, un lago artificiale. Questo è formato da una diga ad arco che sbarra un ramo del torrente Aviana; l’altro ramo principale del torrente contribuisce ad aumentare la quantità d’acqua del lago attraverso un canale e una galleria di deviazione; la galleria sfocia a monte del lago.

E’ un lago a regolazione continua poiché, a differenza degli altri impianti idroelettrici che entrano in funzione su richiesta nazionale di energia, questo deve dare l’erogazione dell’acqua ogni giorno. Infatti l’acqua del bacino serve a produrre energia elettrica ma una volta uscita dalla centrale viene intubata e attraverso varie diramazioni contribuisce ad annaffiare i campi di buon tratto della Val Lagarina.

Si dice che il valore dell’energia elettrica prodotta dall’acqua equivale al valore del vino prodotto con l’innaffiatura. Naturalmente il complesso idroelettrico funziona con strutture e procedure ormai collaudate.

Ricordo solo, come curiosità, che il fondo ha una saracinesca che i alza e si abbassa poiché una “porta” come quelle di casa, anche se molto ma molto più robusta o non potrebbe più aprirsi, se verso l’interno, né chiudersi, se verso l’esterno.

L’acqua entra in un tubo di acciaio rinforzato, la condotta forzata, che procede in galleria quasi piana prima di deviare verso il basso ripidissimo, ha una deviazione verso l’alto, il pozzo pizeometrico, per una specie di sfiato che serve a scaricare le bolle d’aria.

Le bolle d’aria spinte dalla forza dell’acqua possono forare perfino i “cucchiai” d’acciaio della turbina. Ma serve soprattutto ad evitare i “colpi d’ariete” prodotti, alla apertura delle valvole, dall’acqua che esce.

E’ da ricordare che l’avvio per la produzione di energia prevede la condotta forzata piena e quindi il “rubinetto”, che apre e chiude, si trova in fondo, davanti alla turbina perché se l’acqua entrasse  improvvisamente  nel tubo, il colpo d’ariete sarebbe così forte che non sarebbe sufficiente lo sfiato, per salvare il tubo dalla rottura.

Ma quale è il nome del lago?

Si chiama Lago di” Prà da la Stua”.

Per la gente del posto il nome deriva dal fatto che dove adesso c’è il fondo del lago pianeggiante c’era un prato lungo e stretto percorso dal torrente che con l’umidità rendeva rigogliosa la crescita dell’erba.

Una specie di valletta piana incassata tra pareti ripide alle quali, sul davanti, è stata ancorata la diga.

Le vacche scendevano volentieri a brucare per la presenza di tanti vegetali, ma in quel posto, d’estate, intorno a mezzogiorno, il sole arroventava l’aria e le vacche sofferenti salivano nonostante la minaccia dei bastoni dei mandriani. Per  questo il posto fu chiamato “prà da la Stua” cioè prato della stufa o del calore. In realtà sappiamo che il nome ha avuto origine da stube che deriva dal latino “stabulum” che significa chiusura, sbarramento, recinto, stalla.

Ci sono altri toponimi simili in Trentino e in altre regioni; cito ad esempio il lago delle “Stue” che ha preso il nome per le stesse ragioni del nostro. Inoltre a monte del lago di Prà da la Stua c’è una valletta chiamata Valle delle “Borre” con un bosco da cui si ottenevano le “borre”, cioè i tronchi.

Ebbene per un lungo periodo, durante la dominazione veneziana, c’era nel prato, verso valle, uno sbarramento di pietre alto un paio di metri. Al centro di questa diga rudimentale vi era una chiusura fatta di tronchi orizzontali legati ad un tronco verticale centrale che poteva essere divelto, e con esso tutta la chiusura, tirando da un posto sicuro, con una lunga corda.

Il fori tra le pietre e tra i tronchi venivano chiusi con zolle erbose al fine di trattenere l’acqua per formare un lago nel quale venivano spinti i tronchi .

Una volta aperta la piccola diga, l’acqua usciva trasportando i tronchi galleggianti fino al fiume Adige e lungo il corso di questo arrivavano a Verona in piazza Isolo, allora una isoletta, da dove, tirati in secca, venivano inviati alle segherie.

Era la famosa fluitazione del legname, un facile trasporto sull’acqua.

Giacomo Bertuzzi – Malcesine

By La Voce dei Cittadini

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