Pasqua. Un termine che deriva dall’ebraico “Pesach”, e ancor prima dall’aramaico, antichissima lingua Medio-Orientale, il cui significato è “passare oltre”, indicando prima quella liberazione dalla schiavitù egizia del popolo ebraico e poi, con l’avvento di Cristo, assume pieno compimento nel superamento, delle tenebre, del peccato e con la Croce della Morte, con la gloriosa Sua Risurrezione il terzo giorno. E’ appunto la Pasqua del Signore. Prima di giungere a tale avvenimento tuttavia si attraversa un lungo deserto, di solitudine, penitenza, digiuno, preghiera, resistenza da ogni male, che noi indichiamo come Quaresima, dal latino “Quadragesima”, ovvero “quarantesimo giorno, in cui la luce si spegne, le nostre luci si spengono, tanto da giungere nelle tenebre più totali, le nostre colpe, che oscurano addirittura il Padre, la Croce e il Cristo, e i Santi che noi comunemente amiamo e preghiamo. Da qui l’uso di coprire Croci e Immagini Sacre nella settimana “De Passione Domini” all’interno del Tempio in quella logica del “Deus absconditus” che è velato, è appunto nascosto, dai nostri peccati, dalla durezza dei nostri cuori fino a che la redenzione non ci coglie e quei veli cadono, si squarciano “et velum Templi scissum est” (e il velo del Tempio si squarciò), e come San Giovanni li vediamo a terra raccolti in un angolo, e possiamo, vestiti di candide tuniche, rivedere quel Cristo, umiliato dalle ignominie della Passione, ora accolto in gloria. Siamo allora agli ultimi giorni, sempre più bui, che ci avvicinano alla pura Luce del Lume Pasquale. La speranza di vederlo ci vivifica e ci guida nel cammino. Momento di gioia, ma anche di riflessione è la gloriosa entrata di Gesù a Gerusalemme fra le festose genti e le loro palme innalzate come vessili liberi nell’aria che accolgono il loro Re quasi in una ultima marcia di gloria prima della battaglia, che è la Croce e la Passione per il Cristo, il “Rex Iudeorum”, il Re dei Giudei.

E’ la Settimana Santa dunque poi il culmine di tale pellegrinaggio, con quell’ultima cena, che ci ricorda sempre il Da Vinci e la sua opera pittorica, dove possiamo immaginarci il Cristo e quei suoi discepoli forse ancora ignari della sua miserabile fine, ma ancora più ignari della sua gloriosa ascesa al Cielo, in una cena fra fratelli, fra amici in cui si scambiano le ultime parole, e con quel Venerdì di Passione dove è il silenzio, il lutto, che in un’intera giornata ci accompagnano, a far da guida, quando se ben ascoltiamo nell’aria non cogliamo nemmeno più il sublime suono delle campane che scandiscono il tempo. Ebbene sì, pure il tempo sembra annullarsi, è a lutto e non passa, si siede accanto al Padre e piange il Figlio morto sotto i colpi brutali dell’odio e della ignoranza umana. Le ore scorrono, l’attesa aumenta e la soglia del Dì Glorioso è in principio di svelarsi e il Sabato Santo giunge e inverte i tempi, e dal buio spunta una luce, che infiamma e accende tutte le altre sue figlie, noi e le nostre vite, che in un unica fiamma vanno ad illuminare la notte della morte conducendo al giorno della Vita, la Pasqua. Sì, “Mors et Vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus, regnat vivus”, ovvero “Morte e Vita si sono affrontate in un duello straordinario: il Signore della vita era morto, ora, vivo regna” così si canta nella Sequenza Pasquale dalle cui fulgide parole traiamo una certa alta speranza, che certo mal non ci fa in questo periodo di eccezionale vita che stiamo trascorrendo dove la fiducia appunto di un futuro candido sempre dobbiamo tenere salda nei nostri cuori. Sì “In hoc signo vinces”, e solo nel segno della Croce si vinceranno le tenebre delle preoccupazioni che ci circondano. E sì la Pasqua ci insegna che questo mondo è veramente il migliore dei mondi possibili altrimenti Dio non lo avrebbe generato come afferma il filosofo Leibniz, e sì questo mondo è il Mondo dello stupore, delle gioie e della speranza. Perfetto così. C’è sempre speranza, che come nella natura propria di una virtù, non è per tutti, ma per molti, per quei che nella vita avranno amato e avranno avuto fede, come la madre Celeste, che pure nella incredibilità degli eventi Pasquali rimane fedele, declama il suo “Absum”, “Eccomi”, pure quando deve calar giù dalla Croce il Figlio, freddo e privo di linfa vitale, generato dal suo seno, e ora congedato fra le sue braccia. Che la Madonna della cintura ci aiuti in questo, che quella cintura ci tenga legati alla vita, alla speranza, alla luce, alla fede, al Padre Celeste, per dire anche noi il nostro “Absum”!

One thought on “Riflessioni sulla Pasqua”
  1. Riflessioni molto profonde ed esplicative dei riti di questa settimana ma lontane dalla realtà della nostra gente ch
    e poco aiutano a vivere il Cristo risorto nel nostro comportamento grazie

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