Anche in campo viticolo il Monte Baldo è una eccellenza botanica di biodiversità.
Spett.le Redazione di La Voce delle Contrade e Amici del Monte Baldo, nel fondovalle della Vallagarina che fiancheggia il Monte Baldo, fino a tutto il 900 si coltivava una specie di vite autoctona che si chiamava Lambrusco a foglia frastagliata.
Il nome di questo vitigno si confondeva facilmente con i lambruschi dell’Emilia Romagna, per cui il Consorzio Terra dei Forti, che prende il nome dai forti presenti in valle da Avio alla chiusa di Rivoli Veronese, negli anni 90 ha deciso di dare un nuovo nome alla vite e al vino prodotto.
Da uno studio di ricerca presso l’Università di Milano, condotto anche dal prof. Attilio Scienza nostro conterraneo, è emerso che queste viti erano imparentate con le varietà originarie trentine e alto veronesi e non con i lambruschi della pianura padana.
Attraverso ulteriori ricerche svolte dall’Istituto Mach di San Michele all’Adige si è dimostrata la discendenza genetica dalla viti selvatiche che ancora sopravvivono sul Mote Baldo (Vitis Silvestris).
Da uno scritto di Plinio il Vecchio del 1° secolo d.C. si è ricavato il nuovo nome di Enantio (pronuncia Enanzio).
Plinio descriveva le viti selvatiche presenti lungo le vie consolari a nord di Verona (qui doveva passare un ramo della via Claudia Augusta che andava da Ostiglia a Ausburg), come viti labrusche da cui si ricavava il vino Enantio.
Non era ancora il vino dei nostri giorni ma un infuso in cui i fiori maschili erano messi in infusione nel mosto autunnale. La caratteristica di queste viti selvatiche è infatti che sono dioiche, portano sia i fiori maschili che femminili.
A testimonianza della rusticità, lungo le anse dell’Adige vi sono ancora vigneti produttivi piantati a fine 800 franchi di piede.
Tutti i vitigni europei sono innestati su vite americana per combattere la filossera, un insetto che mangia le radici della vite, ma i terreni umidi e sabbiosi del fondovalle hanno preservato fino ad oggi le viti centenarie.
Il vino Enantio di oggi è notevolmente migliorato, le viti sono state piantate a spalliera e il vino è curato in Cantina, ne è uscito un prodotto che può competere con i migliori vini italiani pur conservando le sue caratteristiche speziate, tanniche e selvatiche che lo rendono unico.
Stefano Libera Viticoltore in Avio – ex Presidente del Consorzio Terra dei Forti